Per consultare il documento trasversale 2010 (su dati 2009) è possibile scaricare il file pdf. Ne riportiamo in questa pagina, l'introduzione.
A più di dieci anni dall’avvio effettivo del sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, i Paesi europei presentano un quadro sostanzialmente diverso da quello che caratterizzava le prime fasi di attuazione della direttiva 94/62/CE.
I principali elementi di novità possono essere riassunti nel modo seguente.
Con l’estensione dell’Unione europea, ai 15 Paesi iniziali si sono aggiunti prima altri 10 Paesi (dal 2004: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) e poi altri due (dal 2007 Bulgaria e Romania), portando al quadro attuale che presenta 27 sistemi nazionali operativi (unica eccezione la Danimarca, che non ha costruito un sistema dedicato agli imballaggi e tratta questi rifiuti, senza distinzioni, all’interno del sistema di gestione complessivo).
Lo scenario al 2010 presenta una popolazione complessiva, coinvolta dal sistema imballaggi, di più di 500 milioni di abitanti (contro i circa 397 milioni dell’Europa a 15).
Ma l’aspetto più significativo riguarda la moltiplicazione dei cosiddetti Compliance Scheme: allo stato attuale – benché il totale sia sottoposto a continue variazioni data la crescente mobilità dei sistemi – operano in Europa complessivamente più di 170 organizzazioni, divise tra Compliance Scheme propriamente detti ed altre semplicemente autorizzate o registrate (si veda Allegato 1). Va sottolineato che la moltiplicazione delle strutture è avvenuta nei sistemi nazionali che potremmo definire di “libero mercato”, nei quali cioè è si è scelto di consentire la pluralità dei sistemi per favorire la concorrenza interna.
Questo cambiamento dimensionale e quantitativo ha accompagnato una trasformazione che si potrebbe definire di natura “strutturale”.
Se, fino a qualche anno fa, era ancora possibile raggruppare i Paesi per “modelli omogenei”, che presentavano caratteristiche di funzionamento corrispondenti, oggi questi raggruppamenti perdono significato. Ogni Paese, nel corso degli anni, ha accentuato la propria “singolarità”, spesso scostandosi dalle linee guida “centrali” di provenienza europea, e si è organizzato con modalità autonome che risultano ancor meno confrontabili che nel passato.
Per certi versi questa trasformazione è il risultato naturale di un perfezionamento funzionale, che ha adattato nel tempo il modello iniziale andando a “riempire” settori e nicchie prima non considerate. Ma per i Paesi di “libero mercato” (ad esempio, Regno Unito, Germania, ma anche Polonia o Lituania) il mutamento è stato più rapido e sostanziale: si sono moltiplicate, come si è detto, le organizzazioni di gestione e soprattutto si è realizzato un mosaico operativo – interventi settoriali, prelievi diversi, circuiti di raccolta e distribuzione trattati separatamente – nel quale è difficile rintracciare le priorità qualitative e ambientali indicate dalla Commissione europea.
I cambiamenti indicati hanno aperto una vivace discussione sui “modelli” di funzionamento applicati a livello nazionale.
Semplificando, si può dire che i modelli di riferimento siano sostanzialmente due: da un lato, quello a “gestione centralizzata” (ad esempio, Francia e Italia) dove il sistema nazionale ha un’unica cabina di regia in grado di amministrare le variabili economiche e ambientali; dall’altro lato il modello di “libero mercato” (ad esempio Regno Unito e Germania), all’insegna della libera concorrenza. Molti Paesi presentano modi di funzionamento che si potrebbero definire “intermedi”, in quanto miscelano formule diverse: ma le soluzioni applicate fanno comunque riferimento, nella loro sostanza, all’uno o all’altro modello.
Nei primi anni di avviamento del sistema europeo, fino agli inizi del 2008, si è diffusa una tendenza verso la liberalizzazione dei modelli di gestione. In molti Paesi (sia nell’Europa a 15 che nei Paesi entranti) si riteneva che moltiplicare i soggetti in campo fosse il modo migliore per rendere più flessibili e competitive le strutture di gestione, ottenendo così la massima efficienza.
Dalla fine del 2008 la crisi finanziaria internazionale ha sollevato una riflessione critica sulla scarsa controllabilità delle dinamiche di libero mercato, soprattutto in condizioni di emergenza economica o ambientale. Parallelamente si è constatato che, di fronte alla crisi e alla caduta dei prezzi delle materie prime, i Paesi a “gestione centralizzata” subivano minori turbolenze di quelli a libera concorrenza, perché erano in grado di disciplinare e reindirizzare tutti i flussi economici del sistema.
La discussione è più che mai aperta e riprenderemo il tema nel capitolo finale di questo documento.
Malgrado le differenze d’impostazione e i mutamenti descritti, tutti i sistemi europei, compresi quelli “più giovani” dei Paesi entranti, hanno sviluppato negli anni più recenti una serie di processi di integrazione interna. Ne citiamo i tre più significativi.
– Integrazione tra imballaggi domestici e imballaggi Industriali e Commerciali. Molti Paesi dell’Europa a 15, che avevano dato come priorità di gestione quella degli imballaggi di origine domestica, stanno sviluppando sistemi sempre più evoluti (e con migliore tracciabilità) anche per i rifiuti di imballaggi di provenienza industriale e commerciale. D’altro lato molti Paesi dell’Est Europa, che avevano affidato l’avvio del sistema agli imballaggi Industriali e Commerciali, perché di più facile e certa gestione, stanno avviando le raccolte differenziate dei domestici.
– Integrazione tra imballaggi e altri rifiuti. Diventa evidente una parentela sempre più stretta tra la gestione specifica dei rifiuti di imballaggio e la più generale gestione dei rifiuti. Non si tratta soltanto del rispetto delle recenti indicazioni comunitarie: alcuni Paesi (Francia, Germania) valutano con attenzione l’effetto di trascinamento che la gestione degli imballaggi può esercitare su altre categorie di rifiuti. Inoltre, molti sistemi valutano le possibili economie di scala che potrebbero nascere dall’affidare alle ben collaudate strutture di raccolta e recupero degli imballaggi anche altre tipologie di rifiuti (ad esempio altri rifiuti in plastica, carta o vetro oppure una integrazione con il sistema RAEE).
– Integrazione con le Amministrazioni locali. Sempre all’insegna della razionalizzazione dei costi e della migliore tracciabilità, molti sistemi di impronta “duale” hanno progressivamente stabilito rapporti sempre più stretti con i gestori del servizio pubblico delle Amministrazioni locali per la gestione delle raccolte differenziate degli imballaggi di provenienza domestica. In questi casi spesso le infrastrutture di raccolta sono fornite dai Compliance Scheme, ma in generale risulta più razionale e conveniente affidarne la gestione alle Amministrazioni locali, all’interno dell’economia dei rifiuti urbani. Il meccanismo di integrazione si è esteso anche ai sistemi non duali (ad esempio Regno Unito) e in generale a tutti i Compliance Scheme che hanno rivolto una maggiore attenzione ai rifiuti di provenienza domestica.
Le politiche di gestione dei contenitori per bevande, attraverso sistemi di deposito, sono divenute un punto nodale di molte strategie di gestione nazionali. Le formule di gestione sono molto diverse, e vanno dai sistemi di deposito obbligatorio (imposti attraverso legge) a sistemi di tassazione specifica, oppure si attuano attraverso accordi di programma o con l’istituzione di Compliance Scheme dedicati (si veda per i dettagli il Capitolo 5).
In generale questa attenzione al tema concilia un’esigenza ambientale (i contenitori per bevande sono imballaggi estremamente diffusi e pervasivi) con una semplificazione funzionale (rintracciare questa tipologia, prescindendo dai materiali costituenti, può rappresentare una facilitazione di raccolta attraverso circuiti dedicati).
Le formule più ricorrenti riguardano il deposito su contenitori “refillable” (cioè riutilizzabili per la medesima funzione), per garantire che essi tornino in circolazione, oppure su “non refillable”, per garantire una più efficace raccolta dei materiali e l’avvio a riciclo, o ancora sulla combinazione di entrambi i sistemi. Talvolta il meccanismo di deposito si combina con sistemi di tassazione (imposizioni più alte per i contenitori non assoggettati a deposito e più lievi o nulle per quelli assoggettati) oppure viene regolato attraverso obiettivi specifici e vincolanti di riciclo o riuso.
Anche per questa materia si assiste a una singolare duplicità di comportamento tra Europa a 15 e Paesi entranti.
Nella vecchia Europa il ricorso al prelievo fiscale è tradizionalmente limitato, ma si registra un aumento di attenzione al tema, forse nell’intento di razionalizzare ulteriormente il funzionamento dei sistemi attraverso strumenti di regolazione “centrale”. Il caso più evidente è quello dei Paesi Bassi, che dall’inizio del 2008 hanno introdotto una tassa sugli imballaggi che sostituisce completamente il precedente contributo ambientale. Ma sono stati realizzati sistemi di tassazione anche in Belgio e in Irlanda, mentre in Francia è in fase di attuazione un innovativo meccanismo fiscale finalizzato a prospettive di prevenzione (contributo differenziato in tre categorie in funzione della riciclabilità degli imballaggi).
Per i Paesi di nuovo accesso la situazione è in un certo senso reciproca: Quasi tutti i sistemi, nella fase di avviamento, hanno finanziato le infrastrutture di raccolta e riciclo attraverso imposizioni fiscali, concentrando spesso la gestione sugli imballaggi di provenienza Industriale e Commerciale, più semplici ai fini delle raccolte. Successivamente l’imposizione fiscale è stata abbassata, e poi abolita, per i soggetti che aderiscono ad un Compliance Scheme riconosciuto, conformandosi così al tradizionale standard europeo (in qualche caso – Polonia, Lituania, Lettonia – la situazione è stata portata all’estremo generando una congerie abbastanza intricata di Compliance Scheme e formule di prelievo compresenti).
Dato questo quadro, il documento di sintesi è strutturato secondo 8 “temi chiave”, che si considerano rappresentativi dell’evoluzione e delle caratteristiche attuali del sistema europeo nel suo complesso. Si tratta di tabelle (introdotte e annotate) che mettono a confronto i diversi comportamenti dei singoli Paesi sulle questioni cruciali che decidono il loro funzionamento, sempre tenendo separati il gruppo dei 15 Paesi della vecchia Europa e quello dei 12 Paesi di nuovo accesso.
In particolare:
1. Materiali e tipologie per gli imballaggi domestici mostra l’intero repertorio delle categorie e suddivisioni cui fanno riferimento i diversi sistemi di prelievo: complessivamente 24 categorie tra materiali base, raggruppamenti di imballaggi e tipologie particolari.
2. La questione del punto di prelievo analizza tutte le formule adottate per il finanziamento dei sistemi, individuando i soggetti che, caso per caso, sono tenuti al versamento del contributo o del fee richiesto dai Compliance Scheme.
3. I sistemi di prelievo descrive le tipologie di prelievo prevalenti adottate dai 27 Paesi, i parametri di variazione cui sono sottoposte, l’esistenza di esenzioni o prelievi fiscali specifici, e infine mette a confronto gli importi monetari dei diversi contributi o fee.
4. La gestione degli imballaggi Industriali e Commerciali propone un focus sulle formule adottate nei diversi Paesi per la gestione di questa particolare tipologia: se la gestione è affidata al libero mercato, se esistono Compliance Scheme dedicati o se il sistema non fa distinzioni tra questi imballaggi e quelli di provenienza domestica.
5. Vincoli e obblighi sui contenitori per bevande è una sintesi degli strumenti attualmente adottati per la gestione dei sistemi di deposito, talvolta integrati con sistemi di prelievo fiscale.
6. Tassazioni e fiscalità sugli imballaggi presenta le diverse formule di imposizione fiscale oggi attive in Europa: si va dalle tasse sui materiali a quelle su specifiche tipologie, fino all’uso dello strumento fiscale a fini di prevenzione.
7. Rapporti tra Compliance Scheme e Autorità locali descrive le formule di collaborazione e integrazione tra questi soggetti ai fini delle raccolte differenziate degli imballaggi di provenienza domestica e di quelli assimilati.
8. Un indicatore di performance è un tentativo di individuare uno strumento trasversale che permetta di rileggere l’efficienza dei sistemi dal punto di vista del cittadino, riassumendo in un indicatore il rapporto tra i benefici conseguiti e i costi sostenuti.
Il documento si conclude con Una riflessione su alcune questioni aperte, che valuta gli effetti delle tendenze in atto e suggerisce qualche ipotesi di possibile razionalizzazione nello scenario dell’Europa attuale.